TERRA SANTA

         APPELLO DI ORGANISMI ECUMENICI ALL’UE CONTRO                                              L’ANNESSIONE ILLEGALE DI TERRITORI PALESTINESI


Gerusalemme (Agenzia Fides) – L’Unione Europea non può rendersi «complice» dell’annessione illegale di territori palestinesi annunciata dal prossimo governo israeliano, e deve reagire a tale scenario con misure commisurate almeno a quelle adottate dalla stessa UE in risposta all'annessione della Crimea da parte della Russia. Così è scritto in una lettera- appello diffusa dai responsabili del World Council of Churches (WCC) e del Middle East Council of Churches (MECC, Consiglio delle Chiese del Medio Oriente).

La lettera è firmata congiuntamente dalla professoressa libanese Souraya Bechealany, Segretario generale del MECC, e dal teologo rumeno Ioan Sauca, Segretario generale ad interim del WCC. L’appello è indirizzato a Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e ai ministri degli esteri di tutti i Paesi che fanno parte dell’Ue, e che dovrebbero affrontare insieme venerdì 15 maggio la questione della potenziale annessione israeliana di territori palestinesi.

Qualsiasi annessione unilaterale della Cisgiordania – scrivono i firmatari dell’appello - costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale. L’appello cita le recenti dichiarazioni di Nickolay Mladenov, coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente secondo il quale l’annessione unilaterale di ulteriori territori palestinesi da parte di Israele «assesterebbe un colpo devastante» alla soluzione due popoli-due Stati, alla ripresa dei negoziati e agli sforzi per promuovere la pace in Medio Oriente.

Nell’appello viene citato anche Michael Lynk, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, secondo cui l'incombente annessione è «una cartina di tornasole politica per la comunità internazionale», e non potrà essere fermata con semplici prese di distanze verbali.

L’Alto rappresentante Josep Borrell, citato anche lui nell’appello, ha già dichiarato che l'UE non riconosce la sovranità israeliana sul territorio palestinese e che continuerà a monitorare attentamente la situazione, agendo di conseguenza.

Il WCC e il MECC, oltre a chiedere eventuali reazioni che abbiano la stessa portata di quelle messe in atto dalla Ue davanti alla annessione russa della Crimea, sottolineano che un’ulteriore annessione unilaterale israeliana di territori dovrebbe avere come conseguenza anche la sospensione dell’accordo di associazione tra Ue e Israele.

«L'annessione unilaterale di ulteriori parti del territorio rimasto ai palestinesi – si legge nella parte conclusiva dell’appello - non può portare alla giustizia o alla pace, ma solo a una maggiore ingiustizia, espropriazione, crescenti tensioni, destabilizzazione regionale e ulteriore erosione del rispetto del diritto internazionale. L'UE non deve essere complice - per inazione o reazione inadeguata - in queste conseguenze».

Intanto oggi, 13 maggio, a 72 anni esatti dalla dichiarazione di istituzione dello Stato d’Israele, vede la luce il nuovo governo israeliano guidato da Benyamin Netanyahu. La cerimonia d’insediamento avviene alla presenza del segretario di Stato USA Mike Pompeo. Nato sull’onda dell’emergenza da coronavirus, il nuovo esecutivo secondo diversi analisti ha tra i suoi obiettivi quello di estendere dal prossimo luglio la sovranità israeliana un 30 per cento della Cisgiordania, con una legge che Netanyahu si prepara a presentare alla Knesset, e che sarebbe approvata senza problemi grazie all’appoggio del Partito “Bianco e blu” di Benjamin Gantz e a quello dei Laburisti (formazioni politiche entrate entrambe nel nuovo governo).

(Fonte: Agenzia Fides, 13/05/2020)

 

                 EGITTO - Le Chiese cristiane difendono l'Imam di Al Azhar 
                                            dagli attacchi di Erdogan

 Il Cairo (Agenzia Fides) - Il Segretario generale del Consiglio delle Chiese cristiane in Egitto, padre Bishoy Helmy, ha respinto e deplorato a nome dei cristiani egiziani le dichiarazioni ostili rivolte dal Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan contro Ahmed Al Tayyeb, grande Imam dell'Università di Al Azhar. “Le virtù dell'Imam e la sua statura umana” ha dichiarato p. Bishoy Helmy “sono testimoniate dalla sua storia”. Domenica scorsa, durante un discorso all'Università di Rize, il Premier turco era intervenuto in merito alla crisi egiziana attaccando pesantemente Al Tayyeb. “Quando ho visto lo Sheikh di Al Azhar in mezzo ai golpisti sono rimasto deluso” ha detto Erdogan, aggiungendo che “la storia maledirà uomini come lui, come ha maledetto in passato in Turchia intellettuali e studiosi di quel genere”. Nello stesso discorso, il Primo Ministro turco ha accusato anche Israele e il filosofo francese Bernard-Henry Lèvy di aver ispirato la deposizione del Presidente egiziano Mohamed Morsi e del governo egemonizzato dai Partiti islamisti.
L'Imam Al Tayyeb, bersaglio dell'attacco di Erdogan, ha replicato che offendendo Al Azhar si offendono tutti i musulmani e tutti gli egiziani. L'Università di Al-Azhar rappresenta il principale centro d'insegnamento religioso dell'Islam sunnita.

“Davanti alla crisi” riferisce all'Agenzia Fides il Vescovo Adel Zaki OFM, Vicario apostolico di Alessandria d'Egitto “si sta registrando una forte intesa collaborativa tra Al Azhar e il Consiglio delle Chiese cristiane, l'organismo che punta a rappresentare la posizione unitaria dei cristiani rispetto alle vicende sociali e politiche”.

(Fonte: Agenzia Fides 27/8/2013).

 



      MANCANZA DI VISIONE POLITICA 
EUROPEA SUL
DOSSIER D'INTEGRAZIONE DELLA TURCHIA ALL'EUROPA

 

Istanbul (Agenzia Fides) - L'involuzione autoritaria della leadership turca è stata “favorita dalla politica, o meglio dalla non-politica europea rispetto al dossier d’integrazione della Turchia all’Unione”. Lo sottolinea in un colloquio con l'Agenzia Fides padre Claudio Monge, superiore della comunità dei Domenicani a Istanbul, dove dirige anche il Centro per il dialogo interreligioso e culturale. “Fino almeno al 2006” spiega p. Monge “Erdogan e il suo partito avevano davvero scommesso molto sull’integrazione, e molte riforme sono state fatte per favorire questo passo. Ma la mancanza di visione politica europea ha vanificato tutto aprendo un nuovo corso erdoganiano e turco in genere”. Dapprima si è perseguito il tentativo di ri-situarsi nello scacchiere dei paesi arabi ”fratelli nella fede”. Poi le rivolte della cosiddetta “Primavera araba” e l’inizio del conflitto in Siria hanno fatto saltare progetti politico-diplomatici, investimenti milionari. A quel punto – ricorda il domenicano - “La reazione dell’orgoglioso Erdogan ha imboccato la strada dell’autoritarismo populista, con l'idea di bastare a se stessi. In fondo, l’affermazione di queste ore “non riconosco legittimità al Parlamento Europeo”… non è poi così scandalosa”.

Secondo p. Monge l'unica possibilità di ricondurre il Primo Ministro a più miti consigli rimane quella di un’opposizione interna allo AKP – il Partito islamico-conservatore al potere - , visto che “in Turchia non esiste un’opposizione politica e le quasi tre settimane intercorse dall’inizio della crisi lo dimostrano ampiamente”.

In questa prospettiva, conviene tener d'occhio la crescente divaricazione tra Erdogan e il Presidente Abdullah Gül, che nelle ultime settimane ha più volte riproposto la linea del dialogo con i manifestanti. Il “duello finale” tra Gül e Erdogan - spiega p. Monge “porta alle presidenziali del 2014: chi non è d’accordo con la linea Erdogan dovrà uscire allo scoperto, sostenendo Gül per un secondo mandato presidenziale”.

Con il comizio di domenica scorsa Erdogan sembra ormai aver archiviato la possibilità di una integrazione nella Unione Europea. Secondo p. Monge “La comunità internazionale e soprattutto i membri dell’Unione Europea dovrebbero smetterla di impartire lezioni di democrazia: non sono credibili perché hanno sbagliato tutta la politica sul dossier turco”. Il domenicano è anche convinto che gli Usa non entreranno in collisione con Erdogan, “perché con le crisi in atto e l’instabilità regionale, le questioni di democrazia interna al Paese verranno percepite dai leader politici Usa come secondarie rispetto alla necessità di conservare un partner solido nella Regione, vincolato alla NATO”.

(Agenzia Fides, 18 giugno 2013).

 
SOLUZIONI PER I CONFLITTI IN MEDIO ORIENTE E SIRIA AL CENTRO DEI COLLOQUI DEL PRESIDENTE DELLO STATO DI ISRAELE CON IL PAPA FRANCESCO

 

Città del Vaticano, 30 aprile 2013.
Oggi, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza il Signor Shimon Peres, Presidente dello Stato d’Israele, che ha incontrato successivamente anche il Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone, accompagnato dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, Arcivescovo Dominique Mamberti.
Durante i cordiali colloqui è stata affrontata la situazione politica e sociale del Medio Oriente, dove perdurano non poche realtà conflittuali. Si è auspicata una pronta ripresa dei negoziati tra Israeliani e Palestinesi affinché, con decisioni coraggiose e disponibilità da ambedue le Parti, nonché con il sostegno della comunità internazionale, si possa raggiungere un accordo rispettoso delle legittime aspirazioni dei due Popoli e così contribuire risolutamente alla pace e alla stabilità della Regione. Non è mancato un riferimento all’importante questione della Città di Gerusalemme. Si è manifestata particolare preoccupazione per il conflitto che affligge la Siria per il quale si è auspicato una soluzione politica, che privilegi la logica della riconciliazione e del dialogo.
Sono state affrontate anche alcune questioni riguardanti i rapporti tra lo Stato d’Israele e la Santa Sede e tra le Autorità statali e le comunità cattoliche locali. Sono stati apprezzati infine i notevoli progressi fatti dalla Commissione bilaterale di lavoro, impegnata nell’elaborazione di un Accordo su questioni di comune interesse, per il quale si auspica una pronta conclusione.

(Fonte: VIS 30-04-2013)